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Analisi-inchiesta. Eurobang e diritti

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Arturo Salerni
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Associazione Progetto Diritti; Membro del Comitato Scientifico del Centro Studi Trasformazioni Economico-Sociali (CESTES) - Proteo

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Costituzione Europea: apoteosi dell’ipocrisia liberista

Arturo Salerni

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Si confermano le prerogative della Corte di Giustizia dell’Unione europea, della Corte dei Conti, del Comitato delle Regioni, del Comitato economico e sociale e della Banca centrale europea che unitamente alle banche centrali nazionali costituisce il Sistema europeo di banche centrali, con l’obiettivo principale del mantenimento della stabilità dei prezzi.

L’eurosistema è invece costituito dalla banca centrale europea e dalle banche nazionali degli Stati membri la cui moneta è l’euro (e la banca centrale europea “ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione dell’euro”).

5. Per ciò che concerne gli atti legislativi (ovvero le leggi e le leggi quadro europee essi sono adottati congiuntamente dal Parlamento europeo e dal Consiglio su proposta della Commissione, ma in taluni casi essi possono essere adottati - anche su iniziativa di un gruppo di Stati membri o su raccomandazione della Banca centrale europea o su richiesta della Corte di Giustizia o della banca europea per gli investimenti - dal Parlamento con la partecipazione del Consiglio o dal Consiglio con la partecipazione del Parlamento.

Per quando riguarda invece gli atti non legislativi si prevede la competenza del Consiglio europeo per le decisioni, del Consiglio, della Commissione ed in alcuni casi della Banca centrale per i regolamenti.

Per quanto riguarda il ruolo delle parti sociali, l’art. I-47 recita: “L’Unione europea riconosce e promuove il ruolo delle parti sociali a livello dell’Unione, tenendo conto della diversità dei sistemi nazionali; facilita il dialogo tra tali parti, nel rispetto della loro autonomia. Il vertice sociale trilaterale per la crescita e l’occupazione contribuisce al dialogo sociale”.

Nel titolo relativo all’appartenenza all’Unione - titolo IX della parte I del trattato costituzionale approvato dalla Commissione intergovernativa - si prevede che il Consiglio - su iniziativa di un terzo degli Stati membri o del Parlamento europeo o su proposta della Commissione - “può adottare una decisione europea in cui constata che esiste un evidente vizio di violazione da parte di uno Stato membro dei valori di cui al punto I-2”, con la maggioranza dei quattro quinti del Consiglio e previa approvazione del Parlamento europeo.

Ebbene in questo caso, in cui si suppone esistere una gravissima violazione in ordine agli elementi fondamentali su cui si fonda l’Unione
 effettuate le prescritte procedure in contraddittorio - si può giungere alla sospensione di “alcuni dei diritti derivanti allo Stato membro in questione dall’applicazione della Costituzione, compresi i diritti di voto del membro del Consiglio che rappresenta questo Stato. Il Consiglio tiene conto delle possibili conseguenze di una siffatta sospensione sui diritti e gli obblighi delle persone fisiche e giuridiche” (art. I-58).

6. Abbiamo voluto richiamare alcuni elementi di modifica del testo della I parte costituzionale, rispetto a quanto approvato dalla Convenzione (che abbiamo già avuto modo di esaminare nei precedenti numeri della rivista). Abbiamo peraltro già ampiamente analizzato in precedenti interventi su Proteo il contenuto della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, che entra nel trattato costituzionale costituendone la II parte, con i suoi titoli su dignità, libertà, uguaglianza, solidarietà, cittadinanza, giustizia.

Va rilevato con riferimento sempre alla II parte del trattato costituzionale che nella versione approvata dalla Conferenza intergovernativa restano inalterate le formulazioni dell’art. 51 e dell’art. 52 approvate dalla Convenzione e su di esse val la pena ritornare anche perché da esse si può cogliere un sintomo del non elevato grado di operatività e cogenza nella fissazione di principi costituzionali europei rispetto alle norme ordinarie sia dell’Unione che dei singoli Stati membri nonché il rapporto tra i principi fondamentali europei e previsioni contenute nelle carte costituzionali degli stati aderenti.

Recita l’art. II-51: “1. Le disposizioni della presente Carta si applicano alle istituzioni, agli organi e agli organismi dell’Unione nel rispetto del principio di sussidiarietà come pure agli stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione. Pertanto, i suddetti soggetti rispettano i diritti, osservano i principi e ne promuovono l’applicazione secondo le rispettive competenze e nel rispetto dei limiti delle competenze conferite all’Unione in altre parti della Costituzione.

2. La presente Carta non estende l’ambito di applicazione del diritto dell’Unione al di là delle competenze dell’Unione, né introduce competenze nuove o compiti nuovi per l’Unione, né modifica le competenze e i compiti definiti nelle altre parti della Costituzione.

Recita l’art. II-52: “1. Eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui.

2. I diritti riconosciuti dalla presente Carta per i quali altre parti della Costituzione prevedono disposizioni si esercitano alle condizioni e nei limiti definiti da tali parti pertinenti.

3. Laddove la presente Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta convenzione. La presente disposizione non preclude che il diritto dell’Unione conceda una protezione più estesa.

4. Laddove la presente Carta riconosca i diritti fondamentali quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, tali diritti sono interpretati in armonia con dette tradizioni.

5. Le disposizioni della presente Carta che contengono dei principi possono essere attuate da atti legislativi ed esecutivi adottati da istituzioni, organi ed organismi dell’Unione e da atti di Stati membri allorché essi danno attuazione al diritto dell’Unione, nell’esercizio delle loro rispettive competenze. Esse possono essere invocate dinanzi a un giudice solo ai fini dell’interpretazione e del controllo della legalità di detti atti.

6. Si tiene pienamente conto delle legislazioni e prassi nazionali, come specificato nella presente Carta.

7. I giudici dell’Unione e degli Stati membri tengono nel debito conto le spiegazioni elaborate al fine di fornire orientamenti per l’interpretazione della Carta dei diritti fondamentali”.

Ciò che si può particolarmente notare nella lettura del testo riportato è anche la relativizzazione della portata delle disposizioni contenute nella Carta (elaborata a Nizza nel 2000 ed inserita nel 2004 nel trattato costituzionale quale parte II), innanzitutto con quella insidiosa distinzione tra principi e diritti ricavabile dal quinto paragrafo dell’art. II-52.

Si aggiungano, per una lettura più completa in ordine alla portata ed alla vincolatività dei principi fissati nella Carta (e quindi nel trattato fondamentale), i dispositivi contenuti negli articoli che chiudono la II parte del testo approvato a Bruxelles nel giugno 2004 dalla Conferenza intergovernativa.

Art. II-53: “Nessuna disposizione della presente Carta deve essere interpretata come limitativa o lesiva dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali riconosciuti, nel rispettivo ambito di applicazione, dal diritto dell’Unione, dal diritto internazionale, dalle convenzioni internazionali delle quali l’Unione o tutti gli Stati membri sono parti contraenti, in particolare la convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, e dalle costituzioni degli Stati membri”.

Art. II-54: “Nessuna disposizione della presente Carta deve essere interpretata nel senso di comportare il diritto di esercitare un’attività o compiere un atto che miri a distruggere diritti o libertà riconosciuti nella presente Carta o a imporre a tali diritti e libertà limitazioni più ampie di quelle previste dalla presente Carta”.

7. La terza parte del trattato costituzionale - del cui testo cominciamo in questo articolo l’esame sia pure sommario ed in attesa della pubblicazione del testo definitivo - è quella su cui si sono appuntate le critiche più incisive da parte delle componenti sociali, sindacali e delle sinistre, perché in essa si riproduce e si fissa lo spirito neoliberista che ha segnato tanti dei passaggi della faticosa costruzione dell’Unione (si pensi innanzitutto ai vincoli ed alla filosofia che hanno caratterizzato il trattato di Maastricht).

La terza parte del trattato costituzionale porta quale rubrica “le politiche e il funzionamento dell’Unione”, è ponderosissima (in quanto si compone di 342 articoli), ed è suddivisa in sette titoli, spesso riporta norme contenute in precedenti trattati.

Il primo titolo della III parte (“disposizioni di carattere generale”) si apre con una serie di disposizioni aventi un contenuto metodologico e programmatico: “L’Unione assicura la coerenza tra le varie politiche e azioni di cui alla presente parte [ovvero la parte in cui i principi si trasformano in politiche], tenendo conto dell’insieme dei suoi obiettivi e in conformità del principio di attribuzione delle competenze” (art. III-1); “L’azione dell’Unione a norme della presente parte mira ad eliminare le inuguaglianze e a promuovere la parità tra uomini e donne” (art. III-2); “Nella definizione e nell’attuazione delle politiche e azioni di cui alla presente parte, l’Unione tiene conto delle esigenze connesse con la promozione di un livello di occupazione elevato, la garanzia di una protezione sociale adeguata, la lotta contro l’esclusione sociale e un livello elevato di istruzione, formazione e tutela della salute umana” (art. III-2 bis); “Nella definizione e nell’attuazione delle politiche e azioni di cui alla presente parte l’Unione mira a combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale”(art. III-3); “Le esigenze connesse con la tutela dell’ambiente devono essere integrate nella definizione e nell’attuazione delle politiche e azioni dell’Unione di cui alla presente parte, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile” (art. III-4, che riporta l’articolo 6 del Trattato istitutivo della Comunità europea); “Nella definizione e nell’attuazione di altre politiche o azioni dell’Unione sono prese considerazione le esigenze inerenti alla protezione dei consumatori” (art. III 5, che riporta l’articolo 153 paragrafo 2 del Trattato istitutivo della Comunità europea).

Ed ancora si parla di compatibilità delle politiche dell’Unione con le esigenze di benessere degli animali “in quanto esseri senzienti” e con quelle del funzionamento dei servizi di interesse economico generale.

È stato importante dilungarci nel richiamare i principi di cui al titolo I della parte III del trattato costituzionale dell’Unione Europea in quanto occorrerà analizzare quanto sia nella redazione dell’intera parte III che negli altri normativi - attuali e futuri - dell’Unione quanto le elencate esigenze e gli indicati obiettivi, principi e valori siano effettivamente salvaguardati o quanto esse ed essi cedano il passo di fronte alle esigenze del sistema produttivo e del mercato.

8. Il titolo II della III parte del trattato costituzionale è dedicato a “non discriminazione e cittadinanza”.

Si stabilisce che la legge o la legge quadro europea può disciplinare il divieto delle discriminazioni e può stabilire le misure “necessarie per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, sulla razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, le disabilità, l’età o l’orientamento sessuale”: ma tale normativa deve essere adottata dal Consiglio “all’unanimità previa approvazione del Parlamento europeo”. Basta quindi che un solo governo dei venticinque Stati membri si opponga perché una legge o una legge quadro in materia non venga adottata.