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Alitalia: si liquida?! Una risposta della CUB trasporti

Antonio Amoroso

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7. La cura non è lo smembramento della compagnia

Riteniamo che solo mantenendo l’Alitalia realmente integra e non smembrata è possibile rilanciare il nostro vettore.

Anzi, l’integrità dell’Alitalia è un presupposto per lo sviluppo di quella dimensione globale che la nostra Compagnia di Bandiera aveva prima dei tagli indiscriminati di rotte e linee: una prospettiva che il Piano Cimoli cancella definitivamente riservando ad Alitalia un ruolo da network carrier (cioè non più global carrier) che guarda a modelli quali quello della compagnia Air Lingus (circa 40 aerei e 6000 persone) e Iberia, rinunciando ai modelli di Air France, British e Lufthansa.

Una scelta, quella della contrazione del network AZ, operata sempre nell’ottica del taglio dei costi ma che ha prodotto un pericoloso ridimensionamento della Compagnia di Bandiera. Tutto ciò, peraltro, è avvenuto in un momento in cui l’enorme competitività operata sul corto e medio raggio delle compagnie low-cost, ha indotto gli altri grandi vettori a puntare sullo sviluppo del traffico intercontinentale, cioè in un ambito ove non esiste la concorrenza dei vettori a basso costo.

Per quanto riguarda la frammentazione della Compagnia di Bandiera, riteniamo che sia una operazione coerente con quanto accade nel sistema industriale italiano. Il fatto è che la frammentazione è ritenuta, ora anche da Bankitalia, tra le principali cause del declino economico del nostro Paese.

Inoltre la cessione di interi settori della Compagnia di Bandiera, rappresenta una perdita secca di conoscenze e di professionalità. Costituisce una scelta suicida che non consentirà di sviluppare attività per conto terzi in importanti settori quali la manutenzione degli aeromobili, l’informatica, l’handling aeroportuale.

Si consideri, solo per fare alcuni esempi, che l’attuale espansione della flotta delle grandi compagnie europee, prevede, per il prossimo futuro, un incremento delle attività delle manutenzioni degli aeromobili con un tasso pari a circa il 3% annuo: una fetta di mercato che non vale la pena abbandonare, visto anche il blasone dei nostri tecnici nel mondo.

Per non parlare delle attività informatiche. Cedere il controllo informatico sulle attività della compagnia, significa rinunciare a gestire in house le informazioni, lo sviluppo e le politiche commerciali di una compagnia aerea, magari mettendo a disposizione una enorme e preziosa quantità di dati alla concorrenza.

La cessione dell’informatica da parte di grandi gruppi industriali è una scelta giudicata pericolosa e antieconomica anche da importanti aziende di consulenza informatica americane, come la Gartner Group, leader nel settore.

A nostro avviso, si deve abbandonare tale ipotesi. Occorre invece lavorare seriamente per portare nel centro di calcolo Alitalia, il controllo, lo sviluppo e la gestione di attività informatiche che sono svolte e non solo nella compagnia, a caro prezzo, da soggetti privati, talvolta senza neppure la necessaria conoscenza specifica.

Anche la gestione dell’handling aeroportuale deve svilupparsi restando in Alitalia.

Az Airport è una società creata con la scusa di fare profitti gestendo l’handling aeroportuale anche delle altre compagnie sul mercato in espansione di Fiumicino, una prerogativa che non è concessa, dalla direttiva europea, al vettore.

Fino ad oggi questa opportunità, però, non è stata colta, svelando così che il processo di societarizzazione delle attività aeroportuali è stato avviato a suo tempo, solo con l’obiettivo di procedere alla sua alienazione.

È bene, invece, che le attività di scalo tornino ad essere gestite direttamente da personale Alitalia. AZ Airport potrebbe sviluppare, restando sotto il totale controllo Alitalia, le attività per conto terzi: una fonte di redditività enorme.

Inaccettabile, infine, anche la cessione delle attività amministrative e contabili, in favore sia dei vettori dell’alleanza Sky Team, che di piccole aziende private o addirittura delocalizzandole. Una scelta con un impatto sociale pesantissimo.

Insomma una Alitalia, unica e non smantellata è un progetto non solo possibile ma anche un requisito essenziale per rilanciare la Compagnia di Bandiera e consentire il suo risanamento.

8. Un intervento del governo che non può essere rinviato

È altresì importante un intervento delle istituzioni e del Parlamento a sostegno dell’intero settore e per il suo riequilibrio anche attraverso il varo dei cosiddetti requisiti di sistema.

Ad esempio, la maggiorazione del prezzo del carburante in Italia di oltre il 20% medio rispetto agli altri Paesi dell’Europa, mette a dura prova tutte le compagnie nazionali ma soprattutto le già provate casse della Compagnia di Bandiera.

Basti pensare che secondo le stime della Iata, l’associazione mondiale dei vettori aerei, il settore nel suo complesso nel 2004 farebbe utili per 3 MLD di dollari con il petrolio a 30 dollari al barile; con il greggio ad un livello medio di 33 dollari andrebbe in pareggio, a 36 dollari le perdite raggiungerebbero i 3 miliardi; ogni dollaro in più aggiunge un miliardo di perdite. In questi giorni il petrolio è a circa 40 dollari al barile ma in Italia le tasse rendono ancor più proibitivo il costo del carburante.

Il Governo, comunque, si era impegnato per un intervento di riequilibrio del settore ma, come in passato, non sembra che alle parole seguano i fatti.

Se un intervento di sostegno è necessario per quanto riguarda il carburante non è più rinviabile un riequilibrio del sistema aeroportuale italiano con i suoi oltre 100 aeroporti, una ridondanza che produce un riflesso negativo su tutto il sistema stesso.

Troppe volte, infatti, gli aeroporti sono nati per soddisfare le esigenze o le richieste di questo o quel politico di turno: una realtà italiana che deve essere cancellata.

Non è solo il dualismo Malpensa-Fiumicino che deve essere risolto dalla politica con determinazione e senza ulteriori indugi. È un falso problema visto che oggi non esistono le infrastrutture e gli aerei per sviluppare e tenere in vita 2 hub in Italia.

Le questioni sul tappeto sono più generali e necessitano di un intervento complessivo.

9. Lo Stato può e deve intervenire: è l’unica scelta possibile

Per dare un assetto adeguato al settore e alla sua strategicità diventa prioritario riportare tutto il comparto nell’orbita della pubblica amministrazione (Stato, regioni o enti locali) sia nelle funzioni di controllo che di gestione delle infrastrutture e coordinamento, riassegnando le competenze e finalizzandone con precisione i compiti.

È bene precisare che lo Stato italiano, quale membro della Comunità non è obbligato a privatizzare la società di gestione aeroportuale. Né la legge stessa obbliga alla privatizzazione.

La scelta, meramente economica, di privatizzare in tempi rapidi le società di gestione aeroportuale e dei servizi e poi addirittura gli enti della sicurezza quali l’ENAV, ha favorito la creazione di cordate di soggetti privati interessati principalmente a investimenti di carattere speculativo e finanziario.

10. La cura non è la privatizzazione

Riteniamo che la Compagnia di Bandiera italiana debba ritornare sotto il totale controllo pubblico. Una scelta necessaria e non ideologica, come anche sostenuto da Romiti.

Non è vero che ciò non sia possibile. La Comunità Europea vieterebbe una ricapitalizzazione qualora non si rispettassero le prerogative di un investimento di mercato (vedi scheda sulla ricapitalizzazione dell’investitore pubblico).

L’Alitalia, risanata e rilanciata, è nelle condizioni di produrre un tale ritorno alla redditività che la Commissione Europea non potrebbe far altro che prendere atto, quindi, della liceità di investimento dello Stato, in qualità di azionista della Compagnia di Bandiera, peraltro senza imporre restrizioni di alcun tipo.

Questo, quindi, oltre ad essere possibile è urgente e necessario.

Altro non ci trova d’accordo e lo riteniamo pericoloso come il riassetto societario e la privatizzazione di Alitalia, ipotesi contenute nell’accordo di Palazzo Chigi del 6-5-04.

Figuriamoci le spregiudicate avventure di chi si è fatto sostenitore e sponsor di gruppi privati mediorentali interessati a mettere le mani sul ricco mercato del Trasporto Aereo italiano o, di recente, di chi propone un coinvolgimento dei dipendenti nella partecipazione azionaria dell’Alitalia: una esperienza già subita dai lavoratori che nel 2000 hanno ricevuto azioni AZ (attualmente divenute poco più che carta straccia!) in cambio di sacrifici. Uno scambio imposto da Cgil, Cisl e Uil, insieme alle Associazioni Professionali di Piloti e Assistenti di Volo, per assicurarsi un posto nel consiglio di amministrazione della Compagnia.

Anche l’ipotesi ventilata dal Governo della creazione di un Polo unico dei vettori italiani, proposto per il superamento della segmentazione delle quote di mercato, non può non vedere una forte presenza pubblica nella sua proprietà.

A riguardo assume ancora più importanza l’avvio urgente della costruzione di un vero contratto unico di categoria, altro tassello fondamentale per il rilancio del comparto non basato sul dumping del costo del lavoro che la sua frammentazione favorisce. Altro che le proposte avanzate da Cimoli al tavolo negoziale sul rinnovo dei contratti: un vero e proprio assalto ai diritti, ai salari e alla dignità dei lavoratori.

D’altra parte non si può prescindere dalla necessità di affrontare la questione salariale dei lavoratori del comparto, soprattutto della categoria di terra: la percentuale di perdita di potere d’acquisto delle retribuzioni ha raggiunto livelli inaccettabili ed insostenibili.

I duri e ripetuti sacrifici effettuati dai lavoratori non possono essere ripagati con il licenziamento o l’espulsione dall’azienda e la liquidazione dell’Alitalia.

Non lo meritano i lavoratori, non lo meritano i cittadini, non lo merita il Paese.

11. Un necessario pronunciamento delle istituzioni, delle forze politiche del parlamento

È bene quindi che le istituzioni, i parlamentari, le autorità presenti si pronuncino e, dando seguito ai molti impegni presi, offrano la necessaria continuità a quanto già fatto.

È opportuno altresì che insieme a noi e a tutte le forze sociali/sindacali interessate, le istituzioni e i parlamentari pianifichino, anche al di là delle divisioni partitiche e politiche, una strategia comune che punti al rilancio dell’Alitalia, alla tutela di un patrimonio della collettività e alla salvaguardia di migliaia di posti di lavoro.

È opportuno inoltre che ci sia un pronunciamento chiaro e determinato delle forze istituzionali e politiche contro lo smembramento della compagnia di bandiera, contro la cessione a soggetti privati di un bene pubblico e di un servizio sociale.

In particolare ci aspettiamo che da questa tavola rotonda si possa ribadire la necessità industriale che l’handling, l’informatica, le manutenzioni degli aeromobili, l’amministrazione, i settori in cui opera il personale di terra rimangano in Alitalia della quale costituiscono attività strutturali e strategiche come già abbiamo detto.

La loro fuoriuscita determinerà, ne siamo convinti la fine della compagnia stessa. Al suo posto si creerà una specie di low- cost al servizio di Air-France.

Ci aspettiamo inoltre un pronunciamento forte contro il precariato che nessun beneficio ha portato all’azienda né dal punto di vista professionale e produttivo né, come vediamo, dal punto di vista economico nonostante il bassissimo costo e l’altissimo numero di impiegati e operai precari utilizzati in massa nei settori operativi. Una scelta disastrosa dalle conseguenze sociali devastanti.

Ci aspettiamo che l’Alitalia venga considerata finalmente un bene pubblico e come tale amministrata e gestita come avviene per tante aziende pubbliche anche d’oltralpe e in quest’ottica lo Stato si faccia garante e promotore del suo salvataggio e rilancio.

Chiediamo infine una decisa iniziativa istituzionale e politica a favore del varo dei requisiti di sistema che contribuirebbero ad alleggerire i costi di attività degli operatori del settore aereo italiano.

In questa prospettiva la CUB TRASPORTI lancia pertanto la proposta della costituzione di un osservatorio istituzionale, sindacale e parlamentare, aperto a tutte le forze interessate, che si attivi per monitorare, seguire e intervenire con continuità e tempestività in tutte le fasi di questa vicenda che sembra entrata nella fase ultimativa.

L’Alitalia ed i lavoratori devono essere salvati. Il Piano Cimoli deve essere ritirato. Deve esserci l’impegno di tutti per il bene dei lavoratori, dei cittadini e del Paese.

UN ALTRO PIANO È POSSIBILE!

 

Salviamo la Compagnia di Bandiera

Salviamo il futuro dei lavoratori:

l’investitore pubblico può e deve

intervenire!

Le disposizioni della Comunità Europea non vietano il rilancio dell’Alitalia attraverso una ricapitalizzazione pubblica: è possibile un i nvestimento dello Stato quale principale azionista della Compagnia di Bandiera.

La drammaticità della situazione nella quale si trova oggi la Compagnia di Bandiera è tale che un intervento rapido e diretto delle istituzioni e delle forze politiche è ormai non più rinviabile.

Tale intervento deve essere approntato per garantire un vero rilancio della Compagnia di Bandiera a tutela di migliaia di lavoratori dell’Alitalia e dell’intero sistema economico-industriale del Paese.

Il ridimensionamento dell’Alitalia, la cessione del suo controllo all’alleanza Air France-KLM, la dismissione da parte dello Stato della Compagnia di Bandiera, principale soggetto protagonista delle politiche di sviluppo del settore del Trasporto Aereo italiano, nonché le pesanti ricadute sociali di tali disegni, impongono al Governo e al Parlamento una radicale sterzata rispetto a quanto finora disposto.

Lo smantellamento dell’Alitalia con la fuoriuscita di migliaia di lavoratori, peraltro concentrati nel comparto di terra, rappresenta la definitiva liquidazione della Compagnia stessa e la sua conversione in un vettore ancillare e subordinato alle maggiori compagnie europee presenti nell’alleanza Sky Team.

A tale proposito riteniamo emblematico il sistematico raffronto proposto dal management tra i dati Alitalia e quelli dei vettori low-cost. Tali comparazioni puntano a mistificare la natura delle questioni che affliggono l’Alitalia. È ingiustificato l’accanimento nei confronti del costo del personale, in particolare di quello di terra, i cui livelli di produttività sono in realtà competitivi con quelli delle maggiori compagnie europee.

LA NORMATIVA DELLA COMUNITÀ EUROPEA

Il ricco mercato italiano del trasporto aereo è compatibile con il rilancio dell’Alitalia e con la presenza di una forte Compagnia di Bandiera a vocazione globale: un obiettivo che l’attuale Piano di smembramento e privatizzazione non prevede, trasformandola in network carrier.

Riteniamo che un Piano di vero rilancio dell’Alitalia non possa prescindere, oltre che da una capillare riorganizzazione, da un congruo investimento dello Stato per una adeguata ricapitalizzazione della Compagnia di Bandiera.

Questa, a nostro avviso, è una scelta obbligata, l’unica in grado di impedire un immane disastro sociale e un ulteriore pesante contraccolpo per tutto il sistema industriale italiano.

La normativa europea non vieta l’intervento finanziario di ricapitalizzazione da parte dell’investitore pubblico e non prevede, al contrario di quanto è sostenuto da più parti, l’automatica limitazione allo sviluppo della compagnia aerea stessa.

A tale proposito è bene ricordare, tentando di sgomberare il campo dalle innumerevoli inesatte interpretazioni, la normativa della C.E. in merito agli interventi di risanamento effettuati da parte del capitale pubblico che, a seconda dei casi, può dar luogo a:

- intervento di mercato

- aiuto di Stato

Nell’applicazione degli articoli 92 e 93 del trattato C.E. e dell’articolo 61 dell’accordo S.E.E. agli aiuti di stato nel settore dell’aviazione, la Commissione afferma che:

“...La valutazione della Commissione si svolge in due fasi. Nella prima fase, al fine di determinare l’eventuale presenza di un aiuto la Commissione valuta le circostanze dell’operazione finanziaria alla luce del principio dell’investitore che opera in un a economia di mercato, poiché la medesima misura potrebbe costituire un aiuto o una normale operazione commerciale. Nella seconda fase, qualora consideri che la misura in causa comporti elementi di aiuto, la Commissione esaminerà se l’aiuto sia compatibile con il mercato comune sulla base delle deroghe previste dall’art.92, paragrafo 3 del Trattato e dell’art. 61, paragrafo 3 dell’Accordo...”

“...La Commissione non può sostituirsi al giudizio dell’investitore ma deve stabilire con ragionevole certezza che il programma finanziato dallo Stato sarebbe accettabile per un investitore che opera in una economia di mercato...”

[A tale proposito, la Corte di Giustizia Europea ha stabilito che occorre valutare “se, in circostanze analoghe, un investitore privato di dimensioni paragonabili a quelle degli enti che gestiscono il settore pubblico, avrebbe effettuato conferimenti di capitale di simile entità” ed inoltre che “il comportamento dell’investitore privato, cui deve essere raffrontato l’intervento dell’investitore pubblico che persegue obiettivi di politica economica, anche se non è necessariamente del comune investitore che colloca capitali in funzione delle loro capacità di produrre reddito a termine più o meno breve, deve quantomeno corrispondere a quello di una holding privata o di un Gruppo imprenditoriale privato che persegue una politica strutturale globale o settoriale, guidato da prospettive di redditività a più lungo termine” (Causa 305/89 Italia contro Commissione, Racc. 1991, pag1-1603)].