A questo punto della storia, si colloca una domanda teorica
decisiva per la discussione del problema della “governabilità mondiale”.
Sapere perché sorge e si mantiene, attraverso la storia di questo tipo di
sistema politico, la voglia imperiale di espansione - degli stati e delle
economie nazionali - che sta all’origine di tutte le guerre? Il sociologo
nord-americano Charles Tilly, uno dei più importanti ricercatori dell’origine
del sistema statale, risponde: “gli europei seguirono una logica
standardizzata di provocazione della guerra: chi controllava mezzi sostanziali
di coercizione cercava di garantire un’aria sicura nella quale poteva
sfruttare dei vantaggi della coercizione, e ancora una “zona-tampone”
fortificata, per proteggere l’area sicura. Quando le potenze adiacenti stavano
seguendo la stessa logica, il risultato era la guerra” (idem: p. 127). Tilly
non pone, frattanto, la questione perché i principi e gli stati sentono la
necessità iniziale della creazione delle sue prime “zone di sicurezza”. Per
Charles Tilly, la guerra è una consequenza inevitabile del processo di
espansione territoriale degli stati, ma non spiega la ragione di questa
espansione. A parte ciò, non è difficile capire che la creazione delle “zone
calde di confine” risponde ad una necessità e ad un sentimento difensivo, e
se è così, la guerra non è una conseguenza dell’espansione territoriale
degli stati, come pensa Tilly, è la sua principale causa. La guerra non si
trova alla fine del processo di espansione territoriale, si trova alla sua
origine e finisce per divenirne la prima causa o primo motore.
Norbert Elias espone questa tesi in una forma estremamente
chiara nel suo “Processo Civilizzatore”: “la mera preservazione dell’esistenza
sociale esige, nella libera competizione, un’espansione costante. Chi non sale
cade. E la sua espansione significa il dominio sui più vicini e la loro
riduzione a stato di dipendenza. (...) In termini molto rigorosi, ciò che
abbiamo è un meccanismo sociale molto semplice che, una volta posto in
movimento, funziona con la regolarità di un orologio. Una configurazione umana
nella quale un numero relativamente grande di unità di dominio, in virtù del
potere che dispongono, concorrono tra loro, tende a sviarsi da questo stato di
equilibrio e ad avvicinarsi ad un diverso stato, nel quale un numero ogni volta
minore di unità di potere compete tra loro. In altre parole, ci si avvicina ad
una situazione nella quale soltanto una unica unità sociale emerge in chiave di
dominio, attraverso l’accumulazione, o il monopolio delle contese probabilità
di potere” (1976; p. 94). In sintesi, la Grande Potenza, sarà sempre
obbligata a continuare ad espandere il suo potere, anche se dovesse essere in
periodi di pace. In primo luogo, perché la guerra è una possibilità costante
ed inevitabile, nelle relazioni tra le Grandi Potenze; in secondo luogo, perché
questa solamente può essere rimandata dalla conquista o accumulazione di più
potere; e finalmente, in terzo luogo, perché in questo sistema, come
sentenzionò Norbert Elias, “chi non sale cade”.
Riassumendo il nostro punto di vista, il sistema politico ed
economico mondiale, non è il prodotto di una somma semplice e progressiva di
territori, mercati, paesi e regioni. Dal punto di vista storico, il sistema
mondiale è stato una creazione del potere, del potere espansivo e conquistatore
di alcuni stati ed economie nazionali europee, che si sono costituiti e
trasformati, durante il secolo XVII, nel piccolo gruppo delle grandi potenze.
Fino al secolo XIX, il sistema politico mondiale si restringeva quasi
esclusivamente agli stati europei, ai quali si aggregarono, nel secolo XIX, i
nuovi stati indipendenti americani. Fu solo nella prima metà del secolo XX, che
il Sistema incorporò nel suo nucleo centrale, due potenze “espansive” e
extra-europee, gli Stati Uniti e il Giappone, un poco prima che si
generalizzasse, nella seconda metà del secolo XX, lo stato nazionale come la
forma dominante di organizzazione del potere politico territoriale, attraverso
il mondo.
A parte questo, dal nostro punto di vista, il sistema
mondiale non esisterebbe nella sua forma attuale, nel caso in cui non ci fosse
stata l’unione, in Europa, tra gli stati e le economie nazionali. E a partire
da questo momento, ciò che viene chiamato globalizzazione, è il processo e il
risultato di una competizione secolare tra questi stati-economie nazionali. La
gerarchia, la competizione e la guerra, nel nucleo centrale del Sistema
Mondiale, segnò il ritmo e la tendenza complessiva, nella direzione di un
impero o stato universale, e di una economia globale. Ma questo movimento non ha
niente a che fare con il progresso di una specie di “ragione Hegeliana”di
natura globale e convergente...Al contrario, è un movimento che avanza sempre
guidato da qualche stato e economia nazionale in particolare. Proprio per
questo, non si completa mai, perché finisce per scontrarsi con la resistenza
delle “vacazioni imperiali” del sistema. I vincitori transitori, di questa
competizione, furono sempre quelli che riuscirono ad arrivare più lontano e
garantire in una forma più permanente il controllo dei “territori politici ed
economici” sovra-nazionali, mantenuti in forma di colonie, domini o di
periferie indipendenti, ma poco sovrani.
Ma solo due delle Grandi Potenze riuscirono ad imporre il
loro potere ed espandere le frontiere delle loro economie nazionali, fin quasi
il limite dalla costituzione di un impero mondiale: l’Inghilterra e gli Stati
Uniti. Questo processo ha fatto un passo enorme, dopo la generalizzazione del
modello “dollaro-flessibile” e della deregolamentazione finanziaria,
promossa dagli Stati Uniti, a partire dagli anni ’70.
3. Possibilità e limiti di un “governo mondiale”
Per discutere le reali possibilità di “governo”, di
questo sistema mondiale di cui stiamo parlando, è necessario partire da queste
premesse teoriche per poter analizzare meglio l’esperienza storica conosciuta.
Come abbiamo visto, si tratta di un Sistema mosso da due forze
politico-economiche contraddittorie. Da un lato, attua la tendenza in direzione
di un impero o stato universale, che non ha niente a che vedere con il sogno
federativo e cosmopolita di Kant. Sarebbe sempre un impero imposto da uno stato
alla maggior parte degli stati nazionali. In questo caso, il progetto del “governo
collettivo” dovrebbe confrontarsi con il problema che “gli imperi non hanno
interesse ad operare dentro un sistema internazionale; essi aspirano ad essere
loro stessi il Sistema Internazionale” (Kissinger, 2001; p.84). Ma per un
altro lato, il Sistema contò sempre con una contro-tendenza ai progetti
imperiali, che indicano l’anarchia creata dalla pace di Vestfalia ed il suo
rifiuto a qualsiasi tipo di potere superiore a quello dei sovrani nazionali. Ma
l’esperienza storica insegna che se non ci fu un impero mondiale, non ci fu
neanche il caos, perché il sistema si gerarchizzò e creò, in pratica, varie
forme individuali o collettive di gestione sopranazionale di pace, della guerra
e dell’economia.Forme di gestione imperfette e transitorie, quasi sempre
investite e distrutte da nuovi impulsi della tendenza imperiale. In questa
dinamica contraddittoria del sistema mondiale si deve pensare a ciò che è
stata, o possa essere, una situazione di egemonia e di governabilità globale.
Un “egemone” non può essere e mai sarà solo un gestore funzionale, né
tanto meno una forma o funzione istituzionale che possa essere occupata da
qualsiasi tipo di governante collettivo. Al contrario, l’egemonia mondiale fu
e sarà sempre una posizione di potere disputata e transitoria, e non sarà mai
il risultato di un consenso o di una elezione democratica. La posizione
egemonica, pertanto è una conquista, una vittoria dello stato più poderoso, in
un determinato momento, e in questo senso, è pure, allo stesso tempo, un “punto”
nella curva ascendente di questo stato, in direzione all’impero mondiale. È
un tipico punto di passaggio, un momento di negoziazione o un movimento tattico
imposto dalla strategia ascensionale dei candidati all’impero globale. Ma è
stato quando occuparono questa posizione transitoria, che i paesi egemonici
hanno potuto esercitare le funzioni di un governo globale, più o meno
favorevoli allo sviluppo economico e politico della maggior parte dei membri del
sistema. Da un altro lato, e fu una vera egemonia, nella storia del sistema
mondiale, quando si ebbe coincidenza o convergenza tra gli interessi ed i valori
della potenza ascendente con gli interessi della maggior parte delle Grandi
Potenze sconfitte, o superate, transitoriamente, dalla scalata imperiale, dai
due unici grandi vincitori di questa storia: l’Inghilterra e gli Stati Uniti.
Solo nei momenti eccezionali nei quali si ebbe questa convergenza accadde ciò
che si può chiamare egemonia, e allo stesso tempo si può pensare alla
possibilità dell’esistenza efficace di regimi internazionali capaci di
sostenere o regolare un governo mondiale.
In questo senso, si può parlare di una vera egemonia
mondiale solo in due momenti della storia del sistema moderno: tra il 1870 e il
1900, e tra il 1945 e il 1973. Solamente in questi momenti di convergenza e
armonia d’interessi si vennero a creare dei “regimi internazionali” e
istituzioni multilaterali efficaci. A parte queste circostanze, nell’assenza d’armonia
e convergenza d’interessi tra le Grandi Potenze, il “governo mondiale”
supporrebbe l’esistenza di un unico sistema politico, dove le divergenze
potessero essere risolte democraticamente. Ma nel sistema mondiale in cui
viviamo, l’unica possibilità d’esistenza di una giurisdizione politica
unificata, sarebbe sotto l’egida di un impero globale, che è per definizione,
l’opposto di un sistema internazionale.
La cooperazione che ci fu tra le Grandi Potenze in questi due
unici periodi egemonici della storia, si basò su situazioni oggettive, regole
ed istituzioni completamente differenti. Nel caso dell’egemonia inglese, non
ci furono regimi né istituzioni multilaterali o sovra-nazionali e, la
cooperazione risultò dalle proprie caratteristiche dell’Inghilterra, che
aveva un’economia estremamente aperta e dipendente dal suo commercio estero.
La stabilità della sterlina dipese sempre da ciò che residuava dell’economia
coloniale dell’India, e dalla cooperazione delle banche centrali della Francia
e della Germania. Il sistema monetario internazionale basato sulla moneta
inglese non fu oggetto di nessun tipo di accordo o regime monetario pattuito tra
le Grandi Potenze. Al contrario, fu un sistema che nacque dall’adesione
progressiva della maggior parte degli stati ed economie europee, obbligate ad
utilizzare la sterlina negli investimenti commerciali e imperiali, in un mondo
che era già “territorio economico” inglese. In questo periodo la
coordinazione mondiale dell’Inghilterra fu fatta senza forme di governo o
istituzioni multilaterali, con l’uso dei “poteri strutturali” dei quali l’Inghilterra
disponeva, e dei quali parla Suzan Strange.
L’unico periodo di tutta la storia del “Sistema Mondiale
Moderno”, nel quale fu tentato l’esercizio di un “governo globale”,
basato su un sistema di tipi di governo e istituzioni sovra-nazionali, fu tra il
1945 e il 1973, durante l’egemonia nord americana, conquistata con la vittoria
della II Guerra Mondiale. È importante ricordare che vari di questi regimi e
istituzioni concepiti nella prima ora di vittoria militare, non si
concretizzarono mai, come nel caso dell’Organizzazione Mondiale del Commercio,
e della realizzazione degli accordi di Bretton Woods. In realtà l’economia
americana è sempre stata un’economia chiusa, al contrario di quella inglese,
e solo nella seconda metà del secolo XX accellerò il suo processo di
globalizzazione, nel momento in cui gli USA esercitano il loro potere politico
per organizzare un “ordine mondiale”, dove la cooperazione e la convergenza
tra i principali paesi capitalisti dovevano molto più alla minaccia della
Guerra Fredda e alla paura della mobilitazione delle grandi masse insoddisfatte,
dentro e fuori l’Europa, piuttosto che all’opzione di un regime democratico
di “governo internazionale”. Adesso, dopo il 1973, la prima cosa che fu
abbandonata dagli Stati Uniti, fu il sistema monetario internazionale pattuito
nel Bretton Woods. E la fine di quel “regime monetario” non portò il
sistema a nessuna crisi terminale. Al contrario, sollecitò la vocazione
imperiale degli Stati Uniti che accumulano da allora, guadagni di potere
continui, con il nuovo sistema monetario dollaro-flessibile. Dopo il 1991, con
la sparizione del “regime geopolitico bipolare”, si dissolse anche la base
etico-ideologica sulla quale si fondava la cooperazione tra le grandi potenze
capitalistiche.
Il decennio 1990, forse è stato il momento della storia nel
quale il sistema mondiale arrivò più vicino al suo limite imperiale, dal punto
di vista politico, economico e ideologico. Ma dal 2000, assistiamo ad una rapida
reversione di questo processo e al ritorno di un’altra tendenza del sistema,
la tendenza all’anarchia. Ciò che sembrava essere la vittoria finale del
liberalismo anglo-sassone cedette il posto, una volta ancora, alla difesa degli
interessi nazionali e delle zone d’influenza di ognuna delle grandi potenze.
Ciò che sembrava essere una vittoria quasi religiosa del liberalismo, è stato
di fatto la fine di un’era “quasi religiosa” ed il ritorno al mondo nudo e
crudo dei sovrani e degli interessi nazionali. D’altra parte, dal decennio
dell’80, ma in particolare negli anni ’90, sparì completamente la
convergenza d’interessi economici tra le grandi potenze. In questo periodo, l’economia
americana è cresciuta quasi continuamente, mentre le economie della maggior
parte delle potenze stagnarono, e la possibilità di mobilità dalla periferia
all’interno del sistema, è rimasta praticamente ridotta ai casi dell’India
e della Cina, due paesi che disputano potenzialmente la leader-ship
nord-americana.
Da tutti i punti di vista, il mondo non è mai stato tanto
lontano da qualcosa che possa chiamarsi egemonia o ordine mondiale. La potenza
mondiale del momento difende da due decenni la regolazione di tutti i mercati e
sistemi di comunicazione, energia e trasporti. E sta abbandonando tutti gli
accordi, compromessi e regimi internazionali che intralciano la sua capacità di
azione unilaterale. La sua moneta adesso è rigorosamente universale e non
obbedisce a nessun regime, appena alle decisioni sovrane del FES. La sua
economia internazionale ha conquistato spazi fondamentali nella direzione della
globalizzazione della sua moneta, debito e sistema di tassazione. Ma allo stesso
tempo si è ridotto l’appoggio alla sua leader-ship morale-internazionale, e
ognuna delle grandi potenze si dedica oggi a “raccogliere i casi” e
ridefinire i loro interessi e spazi d’influenza, voltando le spalle agli Stati
Uniti.
In questo scenario internazionale, l’idea o il progetto di
un “governo mondiale”, mantiene la sua bellezza etica kantiana, e continua
ad essere una bandiera o un’utopia politica valida, ma non è una realtà
probabile e la sua esistenza quasi impossibile in questo momento, non può
servire da base per nessun calcolo strategico durante il prossimo decennio,
forse durante i prossimi decenni. A meno che sia il caso della governabilità
mondiale lodata dai conservatori, come Nial Ferguson, professoressa di Hervard e
una delle più applaudite tra gli storici inglesi contemporanei: “Far from
retreating like some snail behind an eletronic Shell, the United State should be
devoting a lager percentage. But like free trade, these are not naturally
occurring, but require strong institutional foundations of law and order. The
proper role of an imperial America is to establish these institutions where they
are lacking, if necessary-as in German and Japan in 1945-by military force”
(2001;p.416).
La stessa utopia e progetto “liberale” dei fisiocrati
francesi del secolo XVII, che credevano anche loro, che il buon funzionamento di
una economia di mercato, richiedesse un “governo tirannico” che eliminasse i
conflitti della vita politica. Ma un tiranno che fosse, di preferenza,
economista, liberale e fisiocrate.
[1] Questo lavoro è stato scritto per il Seminario “the first Conference Innovation Systems and Development Strategies for the Third Millenium”, realizzato a Rio de Janeiro, dal 3 al 5 novembre 2003 e inviato a Proteo per la pubblicazione autorizzata.