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PROPOSTA DI LEGGE DI INIZIATIVA POPOLARE - Istituzione del Reddito Sociale Minimo

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PROPOSTA DI LEGGE DI INIZIATIVA POPOLARE - Istituzione del Reddito Sociale Minimo

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Bisogna allora considerare la riduzione dell’orario sull’intero arco di vita del lavoratore, collegando tale riduzione ad una prospettiva di iniziativa complessiva, una campagna di opinione, di lotta, un appello all’Europa sociale del lavoro per rivendicare il diritto al Reddito Sociale Minimo per i disoccupati, gli inoccupati, i lavoratori precari, sottoccupati e sottopagati (si pensi che a fronte dei 18 milioni di disoccupati presenti in Europa dichiarati dalle statistiche ufficiali si contano, considerando le varie forme di disoccupazione invisibile, oltre 30 milioni di disoccupati e sottoccupati effettivi; un bel dato da considerare per l’Europa del neoliberismo!).

Non si tratta quindi di richiedere quel minimo vitale a carattere etico e filantropico che può assumere la forma di salario minimo o reddito garantito, ma si vuole imporre semplicemente il pieno riconoscimento della forma sociale del salario riferito all’intera classe lavoratrice e storicamente determinato e derivato dai rapporti tra lavoro e capitale.

E’ per questo che tale diritto preferiamo individuarlo con i nome di Reddito Sociale Minimo, e su tale proposta il Centro Studi Trasformazioni Economico-Sociali (CESTES-PROTEO) in collaborazione all’Associazione Progetto Diritti e all’Unione Popolare ha lanciato una battaglia culturale, politica e sociale, che vuole avere dimensioni europee, a partire da una proposta di legge di iniziativa popolare.

La previsione di un Reddito Sociale Minimo vuole contrapporsi alla dissoluzione dello Stato sociale proponendo già da subito la riqualificazione di tutti gli strumenti di protezione sociale e l’aumento dei livelli delle pensioni sociali e minime.

L’articolato legislativo proposto dal CESTES prevede un importo del Reddito Sociale Minimo di lire dodici milioni annui (non soggetti a tassazione); i requisiti per l’accesso prevedono la regolare residenza nel nostro Paese da almeno due anni e l’iscrizione alle liste di collocamento da almeno un anno. L’importo sopra indicato va rivalutato annualmente in base agli indici ISTAT; è prevista inoltre la riduzione del cinquanta per cento dell’importo nell’ipotesi di svolgimento di attività lavorative che comunque producono un reddito inferiore all’ammontare del reddito minimo e la decadenza dal percepimento dello stesso nell’ipotesi in cui si ottenga un lavoro a tempo pieno o nell’ipotesi che lo si rifiuti immotivatamente; ciò permette di rivolgere tale istituto non solo ai disoccupati ma anche a coloro che svolgono lavoro precario, sottopagato o che hanno forme di sottoccupazione. Il periodo di fruizione del Reddito Sociale Minimo deve essere calcolato ai fini pensionistici e prevede inoltre in favore dei soggetti titolari del diritto al Reddito Sociale Minimo forme di reddito indiretto e differito attraverso l’accesso gratuito ai servizi fondamentali (trasporti urbani, servizio sanitario, studi, ecc.) e il dimezzamento dei costi delle utenze relative alle forniture di gas, luce, acqua, telefono, rifiuti, oltre ad un canone sociale per l’utilizzo degli alloggi di edilizia residenziale pubblica.

Abbiamo calcolato che le risorse necessarie per le spese conseguenti all’introduzione della nuova normativa ammonteranno a circa cinquantamila miliardi di lire annui che andranno reperite esclusivamente attraverso varie forme di tassazione sui capitali.

Pertanto per poter realizzare tale obiettivo si tratta di scegliere un terreno offensivo anche in ordine alle politiche fiscali, recuperando per i lavoratori almeno parte del tempo reso disponibile dagli incrementi di produttività, del lavoro che il capitale trasforma in disoccupazione strutturale, in quanto si tratta di forza-lavoro che non è più compatibile far tornare all’impiego, perché i bisogni derivanti dalla domanda di produzione mercantile non sostengono più lo sviluppo capitalistico. Visto quindi l’enorme incremento di accumulazione media del capitale derivante da incrementi di produttività non destinata in alcun modo al fattore lavoro (si pensi che negli ultimi 15 anni oltre 20 punti di incrementi di produttività non sono stati distribuiti al lavoro e vanno quindi immediatamente e assolutamente recuperati), è giunto allora il momento di tassare di meno i lavoratori e invece di aumentare fortemente la tassazione sulle macchine, sui robot, sulle innovazioni tecnologiche, sui grandi patrimoni.

Un terreno immediatamente praticabile è invece quello di applicare una efficace imposta patrimoniale, di colpire le rendite finanziarie e i grandi patrimoni, di tassare i guadagni in conto capitale (capital gain), di ridurre le agevolazioni verso le imprese, per poter così aumentare la spesa pubblica in modo che questo possa rappresentare un investimento ad alta redditività sociale basato su principi di giustizia fiscale e tributaria, e quindi di giustizia sociale.

Invertire la tendenza abbassando il carico fiscale sul lavoro dipendente e sul lavoro autonomo più marginale, colpendo maggiormente le società di capitale, le rendite finanziarie, i profitti, i capital gain, i grandi patrimoni significa semplicemente assolvere ai dettami costituzionali secondo i quali il carico fiscale deve servire per redistribuire i redditi dall’alto verso il basso. Significa, inoltre, recuperare quasi 300.000 miliardi annui di evasione di imposte dirette, di imposte immobiliari, di imposte indirette e di evasione contributiva.

Si consideri inoltre che le plusvalenze, realizzate dalla differenza fra quanto ricavato al momento della vendita di un titolo azionario e quanto pagato per il suo acquisto (capital gain), non è attualmente gravato da alcuna imposta. D’altro canto non esiste in generale una seria tassazione dei redditi da capitale, vanno quindi riviste e incrementate le aliquote delle ritenute almeno a partire da una determinata soglia minima di possesso dei titoli (si dovrebbe per lo meno giungere, sia per i titoli privati sia per i titoli pubblici, ad un passaggio dall’attuale aliquota del 12,5% ad una del 30%) facendo si che gli interessi maturati sui titoli debbano essere indicati nella dichiarazione dei redditi. E’ inoltre assente una qualsiasi forma di tassazione sulle transazioni riguardanti prodotti finanziari denominati in valuta estera, senza che siano colpiti in alcun modo i trasferimenti internazionali di capitale, neppure quelli a finalità speculativa.

Tassare finalmente nei modi diversi suddetti il capitale, fino a giungere anche alla tassazione dell’innovazione tecnologica, effettuare degli appropriati controlli attraverso un’anagrafe patrimoniale ed una efficiente anagrafe tributaria, significa far riappropriare i ceti meno abbienti della popolazione, i lavoratori, composti da occupati e non occupati, di quella ricchezza sociale da loro stessi prodotta e realizzata e che si è sostanziata nel tempo in quegli incrementi di produttività che sono andati fino ad oggi ad esclusivo vantaggio del capitale.

Si tratta di recuperare all’occupazione, al rafforzamento dello Stato sociale, al riconoscimento di un Reddito Sociale Minimo, qualcosa come diverse centinaia di migliaia di miliardi l’anno. Ci sembra quindi un obiettivo minimo, praticabile quello di aprire una battaglia, una iniziativa di dibattito e di lotta, che realizzi la riduzione generalizzata dell’orario di lavoro sull’intero arco di vita del lavoratore a parità di salario e con controllo dei ritmi e della condensazione del lavoro realizzando così un milione di posti di lavoro ripartendo anche da produzioni non mercantili e dalla ridefinizione di uno Stato occupatore; recuperare almeno 50 mila miliardi annui dalla tassazione dei capitali da destinare al Reddito Sociale Minimo.

 

proposta di legge di iniziAtiva dei deputati,

cento, gardioL, malavenda

Presentata il 12 febbraio 1998 alla Camera dei Deputati N% 4553

 

Onorevoli colleghi! - Con la presente proposta di legge s’intende introdurre l’istituto del reddito sociale minimo. Questa proposta di legge nasce dall’elaborazione del Centro Studi trasformazioni economico sociali (CESTES-Proteo), diretto dal professor Luciano Vasapollo, e da una proposta di legge di iniziativa popolare, depositata presso la Corte di Cassazione il 10 marzo 1998, promossa da numerose realtà sociali e sindacali (Unione Popolare, Rappresentanze Sindacali di Base, Centri sociali, disoccupati e precari organizzati in comitati d’azione), che stanno costruendo una rete nazionale di mobilitazione.

La proposta di legge nasce dalle constatazione di un livello di disoccupazione strutturale che è fonte di notevoli preoccupazioni sulla tenuta dell’intero tessuto sociale.Si tratta di garantire, nell’ambito di una concezione che vede il lavoro come una questione centrale, sul piano nazionale e continentale, una ripartizione degli incrementi di produttività del lavori che si sono avuti in particolare in questi ultimi venti anni, e conseguentemente della ricchezza sociale complessiva.Ciò porta alla necessità di distribuire socialmente tale ricchezza per fronteggiare le nuove povertà prodotte dallo sviluppo industriale.A tal fine, si può intanto imporre immediatamente l’allargamento della base occupazionale a partire da politiche reali di riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, senza intaccare la certezza dei diritti acquisiti e le conquiste dei lavoratori in termini di organizzazione dei turni, dei ritmi e della qualità del lavoro.Bisogna allora considerare la riduzione dell’orario sull’intero arco di vita del lavoratore, collegando tale riduzione ad una prospettiva di iniziativa complessiva, ad una campagna di opinione, di lotta, ad un appello all’Europa sociale del lavoro per rivendicare il diritto al reddito sociale minimo per i lavoratori disoccupati, precari ed atipici.

La proposta deve essere accompagnata da un aumento dei livelli e dalla piena indicizzazione delle pensioni sociali e minime, nell’ambito della riqualificazione di tutti gli strumenti della protezione sociale e da una riforma delle strutture del collocamento con la reintroduzione dell’istituto della chiamata numerica. Le risorse finanziarie per coprire le spese conseguenti all’introduzione del reddito sociale minimo non mirano a colpire i redditi da lavoro ma, nell’ambito di una lotta generalizzata all’evasione ed all’elusione fiscale e contributiva, si indirizzano verso le rendite di carattere finanziario, i trasferimenti di valuta all’estero, le innovazioni tecnologiche che producono diminuzione del numero degli addetti alle lavorazione ed in genere verso le forme di tassazione dei capitali.

Nella prima fase di applicazione si prevede l’istituzione di una labour tax, per fronteggiare una grave emergenza nazionale, prendendo esempio dal grande sforzo compiuto per permettere l’ingresso del nostro paese nel sistema monetario europeo.

 

Proposta di legge

Art. 1)

Requisiti soggettivi

1. È istituito il reddito sociale minimo dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale per i quali ricorrano le seguenti condizioni:

a) siano iscritti alle liste del collocamento da almeno un anno;

b) siano residenti regolarmente in Italia da almeno due anni.

Art. 2)

Entità del reddito sociale minimo

1. Il reddito sociale minimo ammonta a lire 12 milioni annue, e non è soggetto ad alcuna forma di tassazione.

Art. 3)

Periodo di fruizione

1. Il periodo di fruizione del reddito sociale minimo deve essere calcolato ai fini pensionistici.

Art. 4)

Indicizzazione del reddito sociale minimo

1. L’importo di cui all’art.2 è rivalutato annualmente sulla base degli indici ISTAT del costo della vita.

Art. 5)

Ipotesi di riduzione del reddito sociale minimo

1. L’importo di cui all’art.2 è ridotto alla metà nell’ipotesi di svolgimento di attività lavorative che comunque producono un reddito inferiore all’ammontare del reddito sociale minimo.

Art. 6)

Sanzioni amministrative per i datori di lavoro

1. Il datore di lavoro che non denuncia l’esistenza di un rapporto di lavoro intercorrente con un soggetto che fruisce del reddito sociale minimo è punito con una sanzione amministrativa, da combinare ai sensi degli articoli 14 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689, pari all’ammontare delle somme versate al soggetto quale corrispettivo del lavoro svolto.

Art. 7)

Decadenza dal reddito sociale minimo

1. Il soggetto decade dalla possibilità di percepire il reddito sociale minimo nell’ipotesi in cui ottiene un lavoro a tempo pieno o nell’ipotesi in cui immotivatamente lo rifiuti.

Art. 8)

Introduzione di tariffe sociali sui servizi

1. I soggetti che fruiscono del reddito sociale minimo hanno diritti di usufruire gratuitamente dei trasporti urbani e delle prestazioni erogate dal Servizio Sanitario Nazionale, e alla riduzione, fino alla metà, dei costi delle utenze relative alle forniture di gas, luce, acqua e del servizio di telefonia fissa, previo versamento di un bonus ai soggetti erogatori del servizio.

2. Per l’utilizzo degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, ai soggetti di cui al comma 1 si applica il canone sociale.

Art. 9)

Copertura finanziaria

1. All’onere derivante dall’attuazione della presente legge, stimato in lire 50.000 miliardi di lire per ciascuno degli anni 1998,199 e 2000, si fa fronte, per il 1998, mediante l’introduzione di una imposta straordinaria, consistente in una addizionale una tantum del 2,5% sulla tassazione dei redditi di impresa.

2. Per la copertura in via ordinaria degli oneri derivanti dall’erogazione del reddito sociale minimo si provvede mediante:

a) l’incremento dell’aliquota di imposizione sugli interessi derivanti da titoli pubblici ed equiparati dal 12,5 al 27 per cento. I possessori di titoli pubblici ed equiparati possono optare per l’indicazione nella dichiarazione annuale dell’ammontare dei titoli pubblici posseduti, dei relativi interessi ed altri proventi percepiti, ai fini dell’applicazione di un’aliquota di imposta del 12,5 per cento sui redditi derivanti da un valore complessivo di titoli posseduti non superiore a centocinquanta milioni di lire, e del 23 per cento sui redditi riferiti alla parte del valore dei titoli che eccede i centocinquanta milioni di lire. In tali casi l’aliquota del 27% viene applicata a titolo non definitivo e la tassazione è soggetta a conguaglio in sede di dichiarazione dei redditi;

b) la tassazione delle somme derivanti da realizzi su titoli azionari con un’aliquota d’imposta del 30 per cento;

c) l’inserimento nella dichiarazione annuale dei redditi di ogni reddito da capitale, ai fini dell’applicazione delle imposte sui redditi delle persone fisiche e giuridiche. Le aliquote e le ritenute sui redditi da capitale dovranno anch’esse essere accorpate nell’unica aliquota del 27 per cento in modo da garantire l’uniformità del trattamento fiscale dei diversi tipi di reddito;

d) la tassazione dei trasferimenti di valuta all’estero, con un’aliquota dell’1,5 per cento;

e) l’introduzione di una tassa sull’innovazione tecnologica dalla quale deriva decremento occupazionale, da concepire come una addizionale dell’imposta sul valore aggiunto nella misura dell’1 per cento.