Le trappole dell’ideologia dominante: come si manipola il senso comune
Alessandra Ciattini
|
Stampa |
Vorrei sottolineare che il fanatismo, che caratterizza molti
di questi movimenti, porta a comportamenti violenti nei confronti dei possibili
adepti, i quali sono molto spesso sottoposti a una sorta di lavaggio del
cervello o a tecniche mortificanti. Su questi aspetti i miei studenti hanno
raccolto una serie di dati, riguardo ad alcuni gruppi religiosi abbastanza
diffusi in Italia.
Per quanto riguarda il meccanismo dell’entificazione mi
limiterò a ripetere una nota analisi relativa alla questione dell’insorgenza
della nozione di anima. Grosso modo a questo proposito si sono sostenute due
tesi, una di tipo emozionalistico, l’altra di tipo sociologico. L’anima
nascerebbe dalla paura della morte, o meglio dall’entificazione di quest’ultima
per negarne l’inettuabile realtà. I sostenitori della tesi sociologica
ritengono, invece, che l’anima sarebbe la trasfigurazione religiosa del ruolo
sociale e istituzionale, che ogni individuo riveste. Essa sarebbe immortale
proprio perché il ruolo sociale permane, mentre invece gli individui sono
destinati a scomparire.
Un ultimo esempio. La salvezza intesa come raggiungimento
dell’equilibrio psico-fisico è l’entificazione della nozione di successo,
nozione cardine nella società capitalistica avanzata basata su quello che è
stato definito individualismo asociale.
In Italia si calcola che il 60% dei battezzati, che si
dichiarano credenti, non sono in realtà praticanti. Una parte di questi fedeli
si rivolgono ai movimenti religiosi importanti dagli Usa o dall’Oriente,
cercando soprattutto un rapporto diretto col sovrannaturale, che la ritualità
formale cattolica e gestita dal sacerdote non può dare. Spesso queste forme
religiose sono sincretizzate e legate a leader carismatici, che promettono in
questo secolo di incertezze e di contraddizioni la salvezza dell’umanità.
Come si vede, quindi un tratto importante di questi movimenti è la
sperimentazione diretta del sovrannaturale o il contatto diretto con esso, i
quali devono certamente dare un certo sollievo psicologico.
3. Funzione socio-politica implicita
Si può affermare che, nella società capitalistica avanzata,
la religione continua ad avere uno spazio importante, ma non ha più
esplicitamente la funzione socio-politica che aveva nelle fasi precedenti. Il
mondo precapitalistico era pervaso, in tutti i suoi aspetti, da diverse forme di
religiosità. In questa prospettiva, le decisioni economico-politiche (si pensi
alle Crociate e alle prime fasi della colonizzazione) non erano mai concepite
riduttivamente come tali, ma erano anche l’espressione di una concezione
religiosa dell’universo e delle relazioni con i popoli non cristiani. E questo
modo di vedere religioso non costituiva un puro involucro separabile dal
nocciolo del problema stesso, ma rappresentava il modo in cui la coscienza dell’epoca
formulava questi problemi. In questo senso direi che, nei contesti
precapitalistici, le manifestazioni religiose erano un elemento costitutivo
(recepito anche dalla coscienza) e, per questa loro natura, veniva attribuita ad
esse la funzione legittimatrice della struttura sociale.
Nel società contemporanea, in generale, la religione non
costituisce invece la motivazione principale del comportamento (lo si è visto
anche grazie ad un’indagine su coloro che hanno partecipato al giubileo): l’economia
capitalistica, nell’attuale fase di mondializzazione, è ancora motivata dalla
realizzazione del profitto; nonostante le guerre siano presentate come
espedienti umanitari, sono ben evidenti le loro ragioni economiche e
strategiche; l’esistenza stessa degli stati non ha più bisogno della sanzione
religiosa per essere accettata; il dibattito culturale e filosofico non tocca
temi religiosi, anche se esistono ancora oggi istituzioni religiose - come la
chiesa cattolica - che si oppongono a tale ridimensionamento della religione e
che la presentano come la Weltanschauung adeguata alle esigenze dell’uomo
contemporaneo. Quando poi oggi qualche uomo politico invoca Dio, quale garante
della bontà delle sue scelte politiche, mi pare sia evidente la mistificazione
ideologica di tale comportamento.
Sui processi, che hanno determinato questo cambiamento del
ruolo della religione sono d’accordo studiosi di vario orientamento. In genere
si mette in evidenza come la caduta dell’influenza religiosa sarebbe stata
provocata dal cambiamento di collocazione delle istituzioni religiose nella
società, dal loro allontamento dal potere politico, raggiunto con la
separazione tra chiesa e stato e dall’affermarsi di un atteggiamento empirico,
razionale, strumentale, che sta alla base del pensiero scientifico.
In conclusione, la perdita del significato socio-politico
della religione è dovuta dalla trasformazione stessa della società moderna,
che ha reso la religione soprattutto un fatto privato e individuale, su cui lo
stato non può intervenire. Tuttavia, nelle situazioni storiche concrete, le
cose non si presentano mai in termini così netti (si pensi al potere politico
della chiesa cattolica in Italia).
In generale il revival religioso riguarda forme di religione
che non hanno un esplicito significato politico, ma che hanno un significato
semantico e psicologico; d’altra parte, esse fanno parte della coscienza di
milioni di individui, che per una serie di ragioni che esporrò, sono esclusi
del tutto o in parte da altre forme di pensiero. In quanto, in qualche misura
non aiutano a comprendere le dinamiche reali della realtà contemporanea e in
particolare il ruolo effettivo delle masse popolari, queste forme religiose
hanno un ruolo socio-politico implicito - nel senso di non immediatamente
evidente - e molto importante. Non a caso Gramsci riteneva decisivo studiare il
folclore come ideologia delle classi subalterne, per intervenire sulla loro
concezione della vita sociale.
Non è mio obiettivo descrivere in termini negativi la
religione in generale. Intendo sostenere piuttosto che essa, in tutte le sue
forme, è uno strumento inadeguato dal punto di vista conoscitivo, ma ovviamente
la ricerca della conoscenza è solo una delle attività umane. Inoltre, nelle
credenze religiose sono depositate millenarie esperienze umane, a cui gli uomini
necessariamente fanno ricorso per affrontare la sofferenza, il disagio fisico e
psichico.
Dietro di esse si celano saggezza, esperienza, maturità
emotiva, le quali costituiscono aspetti rilevantissimi dell’anima umana. Il
loro valore sta dunque in questi aspetti e non nelle loro supposte capacità
conoscitive; su questo piano e a certi livelli di approfondimento conoscitivo e
teoretico sono incomparabili col pensiero scientifico, che ha per obiettivo
specifico l’ampliamento delle conoscenze e l’affinamento degli strumenti
concettuali per realizzarlo.
4. Razionalità e irrazionalità della società
capitalistica
Vorrei analizzare brevemente come alcuni studiosi hanno
spiegato la diffusione delle nuove forme di religiosità nel mondo
contemporaneo.
Mi soffermerò dapprima sul pensiero di Brian Wilson, il
quale a mio parere assume un atteggiamento contradditorio su questo tema,
riproducendo così un aspetto cruciale della società moderna. Da un lato,
Wilson sottolinea la perdita di significato sociale della religione nella
società capitalistica avanzata, nella quale tuttavia gli individui si rivolgono
a varie forme religiose per soddisfare algune esigenze soprattutto emotive
negate dalla società stessa. Dall’altro lato, egli sottolinea che, nelle
società preindustriali, la religione aveva a che fare col mondo dei valori,
considerava l’uomo come fine ultimo, ribadendo così la necessità di una vita
impegnata e responsabile.
Inoltre, a suo parere, secondo quando aveva già affermato
Max Weber, i mezzi per realizzare un certo obiettivo possono essere definiti
razionalmente, nella misura in cui lo raggiungono nel modo migliore e col minimo
spreco. Secondo entrambi gli studiosi i valori invece sono irrazionali, in
quanto sono lasciati all’arbitrio individuale, essendo privi di un fondamento
assoluto e giustificabile. Proprio questa dicotomia tra mezzi e valori,
determinabili razionalmente i primi, irrazionali perché ingiustificabili i
secondi, fa sì che la società moderna sia in parte razionale, in parte
irrazionale. Essa è il luogo in cui l’individuo persegue un obiettivo scelto
secondo il suo capriccio con l’utilizzazione di mezzi razionali (nel senso
prima indicato). Questa situazione produce una tensione tra due elementi. La
tendenza alla razionalizzazione e/o secolarizzazione, che si manifesta nel
sapere avalutativo, tecnico e pragmatico, confligge, infatti, con le esigenze
emotive degli individui e con la necessità della società di fare appello ad
esse. Era quanto aveva già messo in evidenza Emile Durkheim, il quale aveva
scritto che la società avanzata: <<per funzionare avrebbe avuto bisogno
di buona volontà e di affetto disinteressato - tuttavia, continua Wilson (1996:
65) - non si rendeva conto del punto fino al quale le premesse razionali del
nuovo ordine avrebbero distrutto questo attributo della comunità
morale>>.
Ora - a mio parere - Durkheim si rendeva perfettamente conto
del fatto che un ordine sociale conflittuale, basato sul principio
razionalistico ed individualistico <<arraffa più che puoi facendo il meno
possibile>> (Wilson, 1996: 65), non avrebbe avuto coesione e con
difficoltà si sarebbe riprodotto. Per questa ragione egli prospetta una sorta
di religione civile, che nasce dal fatto che gli individui si identificano
emotivamente nel gruppo e lo intendono come un’entità loro trascendente.
Durkheim non si pone il problema se l’ordine sociale, in cui i cittadinisi
identificano, corrisponda effettivamente a loro interessi morali e materiali.
Non è un caso, dunque, che i suoi seguaci parlino di comunità illusoria. Quest’ultima
risulta essere, dunque, il prodotto di un’entificazione mistificante, che
nasconde - si pensi al caso del nostro rinascente nazionalismo - sia il processo
storico costitutivo di una certa etnia (che invece viene presentata come un’entità
transtorica) [1], sia la sicura presenza
di interessi ed esigenze conflittuali tra i vari gruppi facenti parte di essa.
In definitiva, sia Durkheim, sia Weber sia Wilson descrivono
le condizioni di vita nella società capitalistica. In essa teoricamente ognuno
segue i suoi scopi, ha un suo ruolo, che gli è attribuito dalla razionalità
dell’organizzazione sociale, ma tale ruolo non tiene conto delle sue esigenze
personali (morali e materiali), anzi generalmente è frustrante. Per questa
ragione l’individuo viene ridotto da una legge impersonale, impersonata dalla
burocrazia, ad essere semplicemente l’esecutore di un certo ruolo. E’ il
ruolo che conta non lui.
In questa situazione la più perfetta organizzazione
razionale stimola l’insorgere di esigenze emotive, passionali, che non trovano
soddisfazione in essa. Ciò spiega il ricorso alle varie forme di religiosità,
che consentono l’espressione di queste manifestazioni di irrazionalità.
Irrazionalità qui nel senso di ciò che non è compatibile con un certo ordine
sociale, anzi lo disturba. Dato che però lo stesso ordine sociale la produce,
il problema sarà quello di canalizzarla, di veicolarla e di trasformarla in
qualcosa di utile all’ordine stesso.
Da questo punto di vista si può dire che l’irrazionalità
è l’altra faccia della razionalità capitalistica. Inoltre, proprio perché l’ordine
sociale non può reggersi sulla ricerca del proprio esclusivo interesse, bisogna
che l’individuo si identifichi in esso attraverso l’emozione. Sarà così
convinto di appartenere ad una comunità sovrana e sovrastante, che tuttavia non
tiene conto delle sue reali esigenze. L’ordine sarà organizzato
razionalmente, ma l’accettazione di esso da parte degli individui sarà del
tutto irrazionale, perché contraria alle loro esigenze morali e materiali.
Tale accettazione assumerà la forma della religione civile,
prefigurata prima da J. J. Rousseau e poi da Durkheim, la quale consiste nel
trasformare lo stato e la società (o meglio una certa forma di organizzazione
sociale) in oggetto di culto. E’ interessante notare che una delle prime
manifestazioni di questa forma di religiosità è costituita dai monumenti ai
caduti nella Grande Guerra, diffusi un po’ ovunque in Europa e in Italia. I
soldati caduti sono così onorati per essersi immolati per la patria secondo una
ritualità sacrificale rivolta ad una specie di nuova divinità.
5. La “Questione ebraica” e “Per la critica della
filosofia del diritto di Hegel. Introduzione”
Vorrei a questo punto dimostrare come le conclusioni, cui
giunge Wilson, sia pure da un punto di vista assai diverso, finiscano con l’avvicinarsi
a quelle formulate dal giovane Marx nella “Questione ebraica” e in “Per la
critica della filosofia del diritto di Hegel” (1974), in cui delinea il
carattere dialettico della società capitalistica.
In primo luogo, entrambi gli autori sottolineano la presenza
della religione nella società moderna, anche se a mio parere per comprendere
più a fondo la loro analisi è necessario distinguere tra religione determinata
e religiosità, intendendo quest’ultima come la manifestazione dell’esigenza
da parte dell’uomo di dar senso e valore alla vita sociale. Dal punto di vista
religioso, tuttavia, senso e valore sono posti al di là e al di fuori della
vita sociale stessa ed hanno una relazione misteriosa con essa. Si genera così
lo inferential gap, di cui abbiamo già parlato.
Secondo l’analisi di Marx la religione inoltre è “oppio”,
anche quando assume l’aspetto della “protesta”, perché si tratta in
realtà della protesta dell’impotente, di chi cioè lamenta i mali del mondo
senza porsi il problema di come effettivamente modificarlo.
Il diffondersi della religiosità per Marx è legato alla
natura stessa della società borghese, la quale è caratterizzata dalla
scissione tra l’uomo che opera concretamente nel suo ambiente sociale, luogo
della differenza e della disuguaglianza e il cittadino, astrazione giuridica, di
cui la legge afferma libertà, uguaglianza e sovranità. In definitiva, per Marx
la dimensione dello stato è analoga a quella della sfera celeste, perché si
colloca al di fuori della vita quotidiana e profana, ma nello stesso tempo ne
costituisce il fondamento (come l’aldilà giustifica e fonda quanto avviene
nella vita terrena). Infatti, stabilendo con le sue leggi un’uguaglianza
puramente formale lo stato non tiene conto delle condizioni effettive della vita
sociale, e quindi delle disuguaglianze sostanziali tra i suoi cittadini, che
pertanto restano immutate e finiscono coll’esser ratificate dalla legge
stessa.
Proprio per questa ragione sia l’uomo moderno di Marx sia
quello di Wilson risultano di fatto entrambi alienati.
Tuttavia, per Wilson i termini dell’alienazione stanno nell’opposizione
tra uomo sociale ed individuo. Quest’ultimo è inteso come un’entità che
prescinde dalla società e che è portatore di esigenze affettive e passionali,
inevitabilmente in conflitto con l’efficienza ciecamente razionale dell’ordine
sociale, da lui acriticamente accettato [2].
Per Marx, invece, l’alienazione deriva dall’opposizione
tra l’uomo in quanto agente nella società civile (l’homme della “Questione
ebraica”) e l’uomo (citoyen) in quanto soggetto giuridico-politico. Inoltre,
l’alienazione religiosa riproduce quella umana: come l’uomo sottopone gli
oggetti da lui prodotti al dominio del denaro, facendosi così espropriare di
essi, analogamente si oggettiva, proiettando se stesso in un essere fantastico
ed estraneo (la divinità) (Marx, 1974: 87). Per togliere l’alienazione
religiosa bisogna pertanto distruggere in primis quella umana; vale a dire si
deve cancellare la scissione tra società civile e stato, il cui obiettivo è
ratificare politicamente la condizione di estraneazione prodotta dalla prima.
Riassumendo per Marx stato e vita concreta, se separate, sono due astrazioni.
Fare della legge l’espressione dell’autogoverno sociale significa toglier di
mezzo la scissione e tutte la conseguenze negative da essa derivate, producendo
infine l’emancipazione umana.
6. Politica statunitense e diffusione della religiosità
(acriticità) nella società capitalistica avanzata
L’anno passato è uscito un articolo (Le sette cavallo di
Troia degli Stati Uniti in Europa) di B. Fouchereau su Le Monde diplomatique
(2001), in cui si delinea lo scontro tra i nuovi movimenti religiosi, diffusisi
a partire dagli Usa (90%) e che svolgono in realtà lucrose attività
commerciali, e i governi europei. In particolare, si mette in evidenza come i
responsabili di queste sette in varie occasioni abbiano spinto i loro adepti al
suicidio, e come essi utilizzino metodi coercitivi e alienanti nei confronti di
questi ultimi.
In Francia, ad esempio, nel 1996 sono state varate varie
leggi, che hanno lo scopo di difendere le persone più deboli psicologicamente
dal plagio. In Germania si è cercato di limitare l’influenza di scientology.
Nel 1997 gli Usa hanno condannato queste misure e l’Ufficio per la democrazia,
i diritti umani e il lavoro, istituito in questo paese, ha messo Germania e Cina
sullo stesso piano riguardo alla questione del non rispetto pieno della libertà
religiosa.
[1] Un altro esempio di naturalizzazione.
[2] Questi temi sono presenti nel pensiero
di Freud e, tramite l’opera del fondatore della psicoanalisi, si sono diffusi
nella nostra cultura.